Mireille Havet (Medan, 4 ottobre 1898 – Montana, 21 marzo 1932): Paul Fort, Guillaume Apollinaire, Colette, Edmond Jaloux, Natalie C. Barney e Jean Cocteau, che le furono amici, ne incoraggiarono il giovane talento di “petite poyétesse”, come amava dire Apollinaire, e favorirono la pubblicazione dei suoi testi: poesie (Les Soirées de Paris, 1914; Le Mecure de France, 1916; ecc.), racconti fantastici (La Maison dans l’œildu chat (G. Crès, 1917), e il romanzo a chiave Carnaval (Albin Michel, 1923). Ignoravano però che Mireille Havet tenne, dal 1913 al 1929, un impressionante e smisurato Diario nel quale descrisse una “vita di dannazione”, di appostamenti e attese, di sogni e oltraggi, una vita condizionata dal suo amore – il suo “gusto singolare” – per le donne e gli stupefacenti.
Edmond Jaloux – evocando la sua breve esistenza e insieme quella di Jacques Vaché, Raymond Radiguet, René Crevel, Emmanuel Fay e Jacques Rigaut – le riconduce tutte a una stessa generazione letteraria che, “rifiutando le condizioni comuni della società, si gettò in un’avventura di carattere assoluto, che la condusse ad una fine precoce”.