Il corpo insorto nella pratica performativa di Habillé d’eau

Habillé d’eau si chiama la formazione che Silvia Rampelli ha fondato a Roma nel 2002 raccogliendo l’eredità di un nome ricevuto in dono dal danzatore e coreografo giapponese Masaki Iwana. A dieci anni dal debutto – avvenuto con Studio per Attis, vincitore del festival Enzimi 2002 – Il corpo insorto indaga l’esperienza singolare del gruppo, …

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Il corpo insorto nella pratica performativa di Habillé d’eau

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Habillé d’eau si chiama la formazione che Silvia Rampelli ha fondato a Roma nel 2002 raccogliendo l’eredità di un nome ricevuto in dono dal danzatore e coreografo giapponese Masaki Iwana. A dieci anni dal debutto – avvenuto con Studio per Attis, vincitore del festival Enzimi 2002 – Il corpo insorto indaga l’esperienza singolare del gruppo, incentrata sulla “presenza”, ovvero su ciò che qualifica in senso ontologico l’essere scenico, al di là di qualsiasi distinzione disciplinare delle arti performative. Nella sua ostinata e reiterata messa in questione della materia oltre ogni esito, il lavoro di Habillé d’eau sollecita interrogativi sul corpo, luogo di indagine e offerta, sul tempo e sull’arte come linguaggio conoscitivo.

Una lunga conversazione dell’artista con la curatrice, che si dispiega in un arco di tempo di tre anni, costituisce il corpo centrale del libro, che contiene anche scritti e note di regia di Silvia Rampelli e una sezione animata dagli sguardi critici di Romeo Castellucci, Piersandra Di Matteo, Andrea Nanni, Andrea Porcheddu, Paolo Ruffini.

«…io, spettatore, sento le mie vertebre tendersi sul cavalletto mentre vedo le danzatrici di Silvia Rampelli danzare. Sono io, non loro, a muovere i primi passi, perché ho dimenticato come si fa. Non ci sono azioni qui. Questi movimenti dicono la potenza del “non dire” e fanno del teatro un luogo di soglia e infine di fuga…»

(Romeo Castellucci)

Autore

Ada d'Adamo (a cura di)

Formato

ISBN

978-88-97276-59-3

Pagine

172 ill.