«Quello di Fabio Acca – afferma Marco De Marinis nella prefazione a questo volume – è un altro libro su Artaud, indubbiamente, ma non è l’ennesimo libro sul grande francese. Frutto di una ricerca rigorosa e paziente, dopo lunghissima gestazione vede finalmente la luce. Si tratta di un lavoro necessario (e Dio sa quanto rari siano i lavori con questa qualità nella straripante bibliografia artaudiana), che ricostruisce con originalità di scelte, di prospettive critiche e anche di scrittura […] un capitolo non secondario di storia della cultura teatrale nel nostro Paese […]: quello riguardante la fortuna critica e scenica di Artaud in Italia, fra teoria e pratica, pagina scritta e scena, interpretazione critica e lettura teatrale».
Cosa significa, dunque, “fare Artaud”? A cosa associamo un aggettivo come “artaudiano”?
Nelle pagine di questo libro si tenta di dare a queste domande, se non proprio delle risposte, almeno delle possibili chiavi interpretative, con l’obiettivo di chiarire, attraverso alcuni esempi significativi, italiani e stranieri, l’andamento storico del rapporto tra ricezione dell’opera artaudiana da parte della cultura teatrale italiana e i primi esiti di questo incontro, dagli anni Trenta agli anni Settanta e oltre.
Autore | Fabio Acca |
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ISBN | 978-88-32068-15-3 |
Pagine | 410 |